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27 marzo 2007

26 marzo 2007

Un ormai vecchio, doloroso gioco di Segni (aspettando di scrivere ancora).


Ti dissi una volta che la scrittura è terra, uomo, carne. Solco. Segni. Come sai un libro conosce giovinezza e vecchiaia. L’ultima pagina è per lui una morte e una speranza. Sale che rimane appiccicato alle dita in forma di macchie d’inchiostro. Finitezza di un universo le cui stelle hanno le grazie.
Il nero inchiostro luminoso, simile ad una strada notturna ai primi raggi dell’alba, si asciuga e muore di una morte opaca, di cui rimane il segno.
Il segno aveva forma di “S”: una strada sinuosa lastricata di ciottoli che si muovevano a contatto dei miei passi, come un lamento. Due curve e poi la vista era interrotta dalla casa di tuo padre, un uomo dalla testa rotonda, basso, la schiena diritta, una specie di “i” minuscola. Un “Sì”, il sì che avevi recitato unendo la tua vita alla mia, spostandomi dal mio ricovero d’erba brillante e portando i miei passi a suonare questo lamento. Il lamento sordo della mia penna stilografica secca, il tuo battere martellante sui tasti di una ormai vecchia macchina da scrivere a cui è venuta a mancare proprio la “i”. Un vuoto che riempivi con la “I” maiuscola del tuo Io. Un lamento sordo che si univa alla mia cecità dolorosa.
Con lo sbattere della tua porta si è chiusa la mia parentesi. Dentro una dolcezza come una scia d’inchiostro che la realtà sbiadisce a poco a poco. Cancello la tua strada, tuo padre, cammino sul letto del ruscello, abbandono la vergogna per una stitica maturità. La tua schiena era una “S”, il filo d’erba che stringevo fra le dita una “i” da cui prendeva il volo una coccinella. Hanno abbattuto gli alberi secolari che dirigevano la strada come vigili. Le curve sinuose hanno lasciato il posto a spigoli pungenti, tuo padre è ingrassato. Vedo la strada da un’altra prospettiva adesso, ho sostituito alla morbidezza del fruscio della matita sul foglio gli acuti della tua voce decisa che mi giungono da un’altra angolazione. No, non avresti più diviso la tua vita con la mia. Mutava la facciata delle cose, tutto tranne i vecchi muri in sasso che, come prima, rimarranno a coprire il mio orizzonte.
Come hai sempre fatto, mi dirai che non capisci le mie parole, che il tuo lavoro era il pane della nostra vita, la mia scrittura lettere che si perdevano nel vento. Il tuo amore ha preteso da me il sacrificio più grande: il silenzio. Coi pochi vocaboli che mi hai lasciato, per le piccole cose di ogni giorno, costruirò di nuovo la tua immagine per imparare a vivere senza il tuo pane.


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Dopo anni di convivenza fatta ormai di niente, lei gli disse che non aveva mai osato lasciarlo perché avevano troppi libri in comune. Poteva rimproverarsi solo di non averne comprate due copie di ognuno.

17 marzo 2007

La conclusione perfetta (ovvero 4 amici al bar)


Ho voglia di scrivere di ieri sera perché ho passato una stupenda serata con Choppa, Giorgia e Passero.
Ho abbandonato i libri, su cui stavo veramente esagerando, e mi sono goduta un il mio tempo. Presa a prestito la fida golf di Gabriele ho ben presto ingranato la sesta marcia (che macchina da capannoni) e mi sono tuffata nel traffico autostradale di rientro dei pendolari. Una simpatica vocina radiofonica mi ricordava che era l'orario peggiore per mettersi alla guida e pure di prestare attenzione perché sull'A1 (sì, ma dove? l'A1 è lunga) gironzolava un cane. Ero eccitata, felice e un pochetto spaventata in quanto non mi fidavo della mia solita iniziale timidezza. Il benzinaio, nonostante le solite scarpine (bhè veramente ho un 40 di piede) da tennis e i soliti jeans ha "sgamato" subito che andavo a cena fuori, probabilmente dalla mia contentezza, e mi ha augurato di passare una bella serata pulendomi, nel frattempo, il vetro dietro al quale più che vedere la strada, si intravvedeva qualcosa di grigio, lungo e diritto. In quel momento sentivo che con lui amavo tutti i benzinai del mondo! Uscita a Casalecchio ho sbagliato strada ritrovandomi dentro il parcheggio dell'Esselunga. Così ho chiamato Gabriele:
-Gabry mi sono persa, sono nel parcheggio dell'esselunga, come faccio a tornare sulla porrettana?-
-... Sara, l'esselunga sulla cartina non c'è!! Devi guardarmi una via!-
-Ma nel parcheggio del supermercato non ci sono i cartelli delle vie!-
Mi sentivo come una che avesse appena perso l'aiuto della telefonata a casa a Chi vuol essere milionario. Gerry Scotti mi guardava torvo ricordandomi che adesso me la sarei dovuta cavare da sola...
Alla fine, grazie al mitico istinto femminile, ma soprattutto per aver controllato il percorso su google earth (!) sono arrivata a destinazione, chiedendo informazioni a due ragazze che, giustamente stupite, mi hanno spiegato che ero esattamente lì dove volevo andare.
Ebbene sì, faccio la brillante ma alla fine resto comunque una gran pasticciona! :P
La serata è stata deliziosa e ci hanno accompagnato vassoi di crescentine e salume, spazzolati velocissimamente. Il ristorante, fra l'altro, era dotato di un avveniristico mobile dei dolci che resterà negli annali. Passero e Choppa, maniaci tecnologici, hanno riempito di foto noi vittime senza tecnologia, foto buffissime e gloriosi autoscatti prossimamente su questi schermi. Si è parlato di cose serie in stupenda sintonia e si è riso da far male alle mandibole. Per concludere degnamente una bellissima Bologna by Night, una piazza maggiore piena di gente, una fontanella per togliere la sete data dal salume e una panchina. Poche cose che bastano quando si sta bene insieme.
Che dire? Trovare un amico è stupendo, trovarne tre indescrivibile. Con una conclusione di giornata come quella mi sento felice e ricaricata, per me tutto bene, poveri loro che da ora in avanti saranno costretti a sopportarmi, con loro sto talmente bene che mi attacco come una cozza allo scoglio! Non mi staccate più!
Vi voglio bene ragassuoli :*
P.S.: come ho detto alla Choppa, per finire, il caffè gratuito scroccato in autostrada, e quindi al sig.Benetton in persona, aveva un sapore veramente speciale, quello che solo le cose scroccate hanno ;)
Guccini canta: "...che sapore ha il sapore dell'uva rubato a un filare..."

Ed ecco le FOTO! (grazie Passero!!!)

16 marzo 2007

Altri stralci di lettere

Oggi mi ha colta una stanchezza spossante. Non è stata improvvisa, da repentini mutamenti del mio umore ballerino mi ero resa conto che era prossima a venire. Osservavo le scorze della mela che avevo gustato in cerca di un piccolo refrigerio dall’aria torrida di questo Giugno opprimente e ne annusavo l’odore senza la minima intenzione di muovermi. Non che io non pensassi a rimuoverle prima dell’arrivo di mia madre, che ne avrebbe provato fastidio, ma al pensiero non era connessa una reale intenzione. Ho deciso di scriverti in questo stato d’animo che non mi appartiene, ma che invece tanto spesso mi ritrovo per compagno in questo ultimo periodo. Godevo del disordine lasciato nell’altra stanza, non smettevo di riportarlo alla mente in una precisa immagine che oltrepassava la parete. Mia madre è tornata, ma stranamente non ha detto nulla, si è limitata a rimuovere i miei rifiuti, cosa che mi ha punto più che ogni probabile parola. La amo profondamente, ma è una scoperta recente e dolorosa: ho scoperto di non aver amato per tutta l’adolescenza una donna che ritenevo precisa, severa, non incline ai sentimenti. Davanti alla delusione del suo matrimonio fallito e alla breccia aperta nella sua corazza fino ad allora inviolabile, sono stata costretta a riconsiderare ogni suo inflessibile gesto passato, ogni sua parola pungente e dura che si sono così vestiti di una verità colpevole. E ho capito in un frangente eterno che tutto quello che sono, lei lo era già molto prima di me. Forse per questo amo e curo così teneramente ogni viso sconosciuto e mi sento impossibilitata ad amare a carte scoperte chi mi ha cresciuto con tale forza e intelligenza.
La mia mezza ala ha subito un duro colpo oggi ed è caduta l’ennesima piuma, angelo nudo. Dall’alto dei grattacieli di Berlino osservo un’umanità dolente? Astiosa? Annoiata? Ma rifuggo attentamente dall’osservarmi, almeno finché mi sarà possibile.

11 marzo 2007

La linea del desiderio

Ho sempre creduto che la linea retta fosse in qualche modo l'essenza della nostra umanità opposta alla pura natura e ho provato a descriverlo tramite racconti, aforismi, disegni.
Ho trovato qualcuno che lo ha fatto molto meglio di me, anche se mi sono dovuta accontentare di un esempio fra i tanti, interessantissimi, che il libro riporta.
Avrei dovuto scrivere anche del tronco di Ulivo, l'albero più storto che esista in natura, fatto raddrizzare da Ulisse per poterlo conficcare nell'occhio di Polifemo (che rappresenta il mondo pre-politico), ma l'idea di una linea tracciata lungo tutta la Francia mi sembrava ancora più affascinante.

[...] Come la prospettiva, l'immagine cartografica, che è il prodotto della proiezione, funziona soltanto perché immobilizza il soggetto della conoscenza. [...] Se il piede segue l'occhio e s'avvicina alla costa, la tangente non è più tale. Questo accade perché basta un solo passo e la costa, nel punto per cui passava l'immaginaria tangente, a differenza di prima non appare più diritta, perché in natura non esistono linee rette. [...] Però le linee diritte esistono sulla faccia della Terra, e sono proprio esse la prova che quest'ultima è la copia della carta. [...] L'anno stesso in cui Stenone scrive la sua dissertazione, in Francia l'abate Picard inizia la costruzione del meridiano di Parigi, per volere di Luigi XIV e su comando del ministro Colbert: da Dunquerke a Perpignano, dunque per tutta la lunghezza della Francia, viene tracciata sul terreno una gigantesca retta, per poter calcolare con precisione il raggio della sfera terrestre. L'opera, portata a termine nel 1720 da Giacomo Cassini, sarebbe bastata da sola, secondo Voltaire, a rendere eterno il secolo del Re Sole. Per la prima volta una linea dell'astratto reticolo geografico diventava materiale, la Terra veniva modellata secondo la forma del suo disegno, diveniva la copia della propria copia. E tale copia diventa il modello concreto della rettilinea organizzazione del territorio moderno.


Tratto da: Farinelli F. Geografia: un'introduzione ai modelli del mondo, Torino, Einaudi, 2003

Bologna, 11 Marzo 1977 - 2007

09 marzo 2007

Un'ora felice: ingredienti.

Chiudete l'edicola per la pausa pranzo e, invece di mettervi ai fornelli, prendete una vespa 200 scassata annata '82.



Controllate che la vostra macchina fotografica digitale abbia la batteria carica dopodichè infilatela in uno zainetto tecnico ottenuto con i punti del supermercato. Aspettate che torni dall'università una ragazza annata '83 che ha appena passato un altro esame a pieni voti.



Mettete alla guida (solo perchè la ragazza non ha ancora preso la patente delle moto) un "ragazzo" annata... (fidatevi, un'annata buona). Nello zainetto vi sarete premurati di mettere anche due panini al cotto, due bottigliette d'estathè, 1 mela e mezzo, pocket coffee, Ferrero Opera e una kefiah.



Lasciate scaldare il tutto per alcuni minuti sotto un caldo sole primaverile e servite ancora tiepido.