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11 aprile 2007

Pasqua al Museo Fratelli Cervi


C'eravamo già stati, ma il museo fratelli Cervi, visitato una volta, diventa casa. Immerso nei campi rossi, a Gattatico, ci si arriva dopo chilometri di vera pianura padana. Stradine strette con gli incroci a novanta gradi, canali che le costeggiano, grano verde fin dove arriva l'occhio, cielo azzurro macchiato di nuvole, mare di vento. Poi vecchie sedi del P.C.I. fra paesini abitati da gente semplice e cordiale. E' Pasqua, ma non abbiamo dubbi, siamo sicuri di trovarlo aperto. Arrivati, infatti, ci accoglie Cin, che conserva fra calli, rughe, sapienza di cose agricole e di battaglia, il nome della sua brigata partigiana. Cin che ci dedica il libro appena comperato e che ci chiede di scrivere sul libro degli ospiti se la guida, lui stesso, meritava. Sempre Cin, che appoggia le sue mani stanche su attrezzi agricoli dimenticati dal tempo, sorride nel vedere che può ancora insegnare qualcosa, prende confidenza e agogna domande che, ben presto, arrivano a fiumi. Ci conquista subito la dolce guida, ci lasciamo trascinare da lui, quasi senza sosta, come se fosse ansioso di farci vedere, in tutte le stanze del museo. Riscopriamo che i Cervi, decisi di cambiare il loro stato di vita e forti di tante braccia, abbandonano la vita da mezzadri e affittano un podere dove, fra i primi, portano un trattore: il famoso trattore con il mappamondo, regalo della ditta scelto da loro in quanto curiosi di vedere altri luoghi. Leggono i Cervi; leggono di storia, letteratura, economia. Ci immergiamo con strumenti d'epoca o all'avanguardia tecnologica nella storia e nella loro vita, fra le loro cose, nelle loro stanze. L'impegno politico diventa sempre più forte, sempre più scoperto, troppo scoperto. Molte persone si nascondono nella casa dei Cervi, vi si organizza la resistenza. Si festeggia la presunta fine della guerra regalando pastasciutta a tutto il paese (cosa che si ripete ogni anno a Luglio). Ma la vendetta non tarda a venire, i Cervi cadono fra i primi. La furia fascista arriva in quella casa felice, in quella famiglia unita dove non c'è ricordo neppure di un litigio e, dopo aver appiccato fuoco, gli uomini vengono portati via, strappati al calore delle mogli, ai piccoli figli. A Reggio li dividono, Alcide chiede di rimanere coi figli ma i sette ragazzi, insieme a Quarto Camurri, che nascondevano, vengono fucilati al poligono di tiro. Il vecchio Alcide riesce a scappare a seguito di alcuni bombardamenti e, una volta saputo il fatto, è costretto a resistere al dolore. Unico uomo rimasto deve portare avanti la famiglia, il lavoro. I figli sono morti, ma hanno lasciato vedove e orfani. Dopo un raccolto ne viene subito un altro. Alla casa verrà dato fuoco altre due volte, la madre non reggerà e si lascerà morire di dolore un mese dopo l'ultimo incendio.
Ma al museo non c'è solo Cin, ci sono molti volontari, tra cui un giovane uomo che ha parlato con molti sopravvissuti alle torture fasciste e naziste ma non riesce ancora a raccontarle. In anni di lavoro avrà di certo parlato con tanti gruppi di visitatori ma, davanti a noi, di nuovo, gli scendono le lacrime, la voce si spezza e non è più in grado di dirci oltre. Subiamo un duro colpo anche noi, convinti di aver letto a sufficienza, presuntuosi di conoscere, seppure solo attraverso i libri, quell'inferno. Non è così, in quelle parole interrotte riusciamo ad intravedere un dolore che si spinge oltre l'umana immaginazione. Quell'uomo s'indigna del revisionismo di questi anni, ci passa la verità per amore del ricordo, è orgoglioso delle tante splendide iniziative di questo museo vivo, dell'enorme biblioteca.
Non riusciamo a deciderci ad andarcene. Sentiamo il bisogno di ringraziare ancora, stringere mani, ascoltare il suono dell'acqua della fonte che abbeverava gli animali in quel cortile dove finalmente regna la pace, in quei luoghi che hanno contribuito a costruire quello che siamo. Vorremmo fare qualcosa. Ci giriamo per l'ultima volta ad osservare il viso profondo di Alcide, solcato da sette rughe come sette cicatrici, a guardare le medaglie che non gli hanno restituito i suoi figli, a immaginare i passi di danza di quei ragazzi prima che la bestia dell'uomo gli piovesse addosso, la loro sete di giustizia e libertà.
A Campegine guardiamo il marmo rosso delle loro tombe (Il revisionismo si commenta da solo: Vespa nel suo orribile libro Vincitori e Vinti ha scritto che è bianco) e poi saliamo in macchina, con la Gang in sottofondo, non riuscendo ancora a parlare.
























Link museo Fratelli Cervi

13 commenti:

Marco Dale ha detto...

Mio dio,la pianura dei sette fratelli!!!!
Sto scrivendo con la pelle d'oca e con l'emozione che mi strangola!
Non sò se tu hai mai sentito la pianura dei 7 fratelli dei Gang cantata anche dai Modena City Ramblers è la storia dei Fratelli Cervi!
Dio che emozione e tu sei stata in quel posto,sei unica,grande GUCCIA!

"Sette uomini, sette,
sette ferite e sette solchi.
Ci disse la pianura:
I figli di Alcide non sono mai morti.

E in quella pianura
Da Valle Re ai Campi Rossi
noi ci passammo un giorno
e in mezzo alla nebbia
ci scoprimmo commossi."

Marco Dale ha detto...

Eh si che la conosci "LA PIANURA DEI SETTE FRATELLI"
GRANDE GUCCIA!!!!!!!!

Marco Dale ha detto...

Vespa è solo un neo di questa lurida società!!!!
Scusami ma il tuo post mi ha sconvolto!!!!!
Che bello!!!!!

guccia ha detto...

Marco certo che la conosco, l'ho messa anche in un vecchio post ;)
Neo per Vespa è proprio il termine adatto ;)
Scusami di cosa? E' meraviglioso vedere l'entusiasmo che aiuta a mantenere vivo il ricordo di questa storia.
Io ogni tanto ci torno e ogni volta scopro nuove cose, ogni volta nuove iniziative e nuovi settori. Il museo è vivo e continua a crescere. Facci un salto, i volontari sono sempre là e l'appoggio lo trovi da me.
Un bacione!

guccia ha detto...

Se ti interessano le foto ce ne sono altre nel solito link. :*

Marco Dale ha detto...

Appena butterò via queste maledette stampelle,dovrò vedere tanti posti e questo sarà uno dei primi!!!!!
Grazie di nuovo per aver scritto questo post!!!

maurob ha detto...

é sicuramente il museo più caratteristico della zona, il più emozionante e anche il più bello ... per un paesello come Gattatico sembra pure troppo ... eppure il museo sembra li nato appositamente per quella terra e quel paesino ...

Carlotta ha detto...

Io sono una che si commuove facilmente di fronte a certi eventi..Il museo dei sette fratelli cervi è un pezzo forte. Come la sua storia. Che bello!!

Marco Dale ha detto...

X Carlotta:
Allora siamo in due,ieri quando ho letto il post di Guccia ho fatto partire "la pianura dei sette fratelli",la versione MCR&Gang e piangevo come un vitello!!!!

Associazione ImperiaParla! ha detto...

Cavolo Sara, mi sono commosso...

Anonimo ha detto...

Semplicemente Grazie. Ai fratelli Cervi e a chi come loro, e a te e a chi ricorda.

guccia ha detto...

Al museo vengono ricordate anche molte storie simili.
Grazie Marco, ed, Carlotta, maurob e princeps, grazie a voi!

Anonimo ha detto...

Dedica sul libro delle firme:
"Grazie a voi che mantenete viva la memoria"