Quasi nessuna novità degna di essere raccontata. Ho scattato centinaia di foto al primo compleanno di Alice, la nostra nipotina, come se il tempo volesse cancellare per sempre, secondo dopo secondo, quel suo primo, grande traguardo e io tentassi un'impossibile lotta per impedirglielo.
Ho pensato che da troppo tempo sono lontana dalla strada. Quella macinata passo dopo passo in cerca di luoghi, visi e parole. Da troppo tempo non mi fermo a leggere e a scrivere perché non ne ho il tempo, però il Tosco, l'ultimo operaio comunista, mi porta al lavoro la cioccolata biologica, le mele del suo pranzo, le magliette che indossavo in manifestazione, che puzzavano di sudore e che invece ormai odorano solo di armadio, si arrabbia ancora e ancora crede in un'idea purissima, come me; Germano pulisce per me i rubinetti della passata dove prendo i campioni da analizzare; Alice adotterà Zorba, il mio gatto adulto abbandonato; tutti vogliono leggere il mio libro; Roberta mi ha preparato una torta e mi racconta delle sue preghiere buddiste e del suo forte papà partigiano malato di tumore che in questi giorni ascolta estasiato il mio cd di canzoni di lotta; Lidia si arrabbia perché, passando, le sporco in terra, ma poi mi offre caramelline alla ciliegia e larghi sorrisi. Trema al solo vedere passare il carrellista che, la scorsa settimana, non l'ha vista e l'ha travolta, ma si sta riprendendo, la gamba le fa ancora male, ma pensa a quanto è stata fortunata e va avanti, nonostante il dolore; all'asettico mi preparano il campione un pò prima dell'orario dovuto perché sanno che vado di fretta; quando ritardo Elena mi aspetta nello spogliatoio; Beppe mi nasconde il carrello, rubato al supermercato per non dover sopportare pesi davvero proibitivi, e a volte mi ci lascia sopra una multa; il capo si arrabbia se escono i capelli dal cappello, ma mi chiede come mai in questi giorni zoppico e l'operaio anziano, lui, controlla i progressi del mio piede giorno dopo giorno; Giusti mi saluta, felice di vedermi arrivare, segno che il suo turno di dodici ore sta finendo; i contadini parcheggiano il trattore carico e vengono a scambiare poche chiacchiere e tre sorrisi. Un bacio sincero a tutti voi, stanotte, lavorando, potrò pensarvi mentre dormite. Dopo metà settembre, forse, ricomincerò anche ad arrabbiarmi di politica e, soprattutto, a scrivere della vita che incontro. Anche se l'alba riflessa sull'alluminio delle vasche, la campagna addormentata che si risveglia in odore di caffé, come pure i rumori della fabbrica di notte posseggono anch'essi la loro poesia, ho voglia di raccontarvi di fuori.
27 agosto 2007
I miei secondi di questi giorni
Pubblicato da guccia 10 commenti
21 agosto 2007
Buio orizzonte
Avevamo un compleanno da festeggiare, il compleanno dell'uomo con cui da sei anni condivido questa casa. Non c'è posto migliore del mare di notte, di un telo nero infinito fissato al suo sostegno di cartone dalle stelle.
La sabbia fredda sotto i piedi nudi e i granelli che si nascondevano fra le dita. Una luna sporca fra le nuvole e qualche imbarcazione in lontananza, lo sguardo fino ad immaginare le coste della Spagna. Un altro mare, non quello che accarezza la Croazia, ma un mare che corre senza ostacoli attraverso tutto il mar Ligure e si fa osservare dalle coste della Francia, dove i rom una volta all'anno portano la loro santa. I jeans bagnati da una calda onda dispettosa. Profumo e sapore di pesce, odore di sale, sapore sulla pelle. Musica. Le gambe che partono da sole al ritmo leggermente ritardato dalla sabbia. La timidezza che sparisce alla prima gioia di un mese troppo lungo. I fuochi d'artificio lontani, lungo il litorale. L'universo intero ad accarezzare l'acqua ai nostri piedi, a pochi metri l'orizzonte, quasi potessimo toccarlo. I sospiri delle sdraio chiuse, abbandonate dalla ressa di poche ore prima, da turisti frettolosi innamorati solo del sole.
Non servono le parole, certe cose non si dimenticano. Auguri amore!
Altre foto qui
Pubblicato da guccia 15 commenti
10 agosto 2007
Da zero a cento in dieci... mesi.
Da zero a cento post credo di averne fatta di strada. Lo so che mi perdonerete questo post troppo personale, ma devo stemperare l'ansia da ricorrenza. Da zero a ventiquattro anni, anche, di cose ne sono successe. Ho vissuto tanti incubi e tante favole personali. Ho ricevuto un'educazione forse un pò rigida ma tanto preziosa, l'amore per la lettura, il pensiero sempre attento a quel che mi succede intorno. Traumi familiari che però, ora, mi hanno creato intorno uno stretto nucleo di ferro, una solida base su cui posso sempre contare e che posso usare da riferimento per una vita che spero sia il più movimentata possibile, alla faccia della mediocre sicurezza economica. Ho avuto una lunga esperienza politica, come la chiamo io di "politica di strada" con la sensazione di rendersi utile ma anche di sentirsi sempre minacciati, ma sempre comunque avanti a muso duro, con gli amici che resteranno gli amici di sempre. La mia relazione "fuori dai canoni" con Gabriele, tanto difficile quanto intensa e duratura. Gli studi artistici con i migliori professori che avessi potuto desiderare e che hanno aiutato a formarsi il mio modo anticonvenzionale di vedere, assaporare la vita, notare i piccoli dettagli che rendono davvero preziose le cose. I viaggi in treno con le persone che, spontaneamente, mi hanno regalato la loro fiducia, le loro storie e così il bisogno di scrivere per superare tanta malinconia, ma soprattutto per non dimenticare: tenerle tutte dentro era impossibile. L'incontro con Nicoletta, la scoperta di questa bella favola e di questa meravigliosa, seppure tremendamente sfortunata, libera etnia: le origini rom, il campo nomadi di Roma con Badya, i nostri viaggi sulla metropolitana, imparare sempre qualcosa di nuovo con loro. Il duro trasferimento a Parma reso meno traumatico dalle poche preziose amicizie spuntate intorno a questa piccola casa condivisa a tre con la piccola Pablita che è venuta a stare da noi un giorno prima di noi stessi. Gli amici virtuali, quelli per sms. Troppe malattie senza speranza, troppi traumi violenti, piccoli problemi fisici che recano grandi disturbi psicologici, ma mai da sola. Sono felice, a volte mi capita di pensare che non sto combinando niente, ma mi rendo poi conto di valutare la vita col solito metro, quello che ci vuole tutti produttivi e al loro posto. Ma se mi fermo un attimo e vedo le cose con maggiore profondità o sensibilità, non posso non essere felice.
Per una volta mi faccio gli auguri da sola! E altri cento di questi post? Chissà!
Pubblicato da guccia 13 commenti
06 agosto 2007
Sergej Krylov, recital per violino solo.
Anche se non sono cose che si dimenticano con facilità voglio raccontarvi il mio incontro serale con la Musica.
Sabato sera mi chiamano mentre stavo facendo la danza della pioggia - sperando nel fango che blocca le macchine che raccolgono pomodori - dicendomi che la carenza di materia prima li ha obbligati a fermare lo stabilimento per un paio di giorni proprio in coincidenza con il week-end (che sfiga eh!). Non mi contengo e, dopo avergli urlato la mia felicità nella cornetta, corro in edicola e, con Gabriele, comincio a spulciare tutte le iniziative della provincia.
Sergej Krylov, uno dei maggiori violinisti del mondo, si esibisce nella splendida corte del castello di Torrechiara. Il programma: sonata n. 1 in Sol Minore di Bach; Sonata n. 3 "Ballade" in Re Minore di Ysaÿe; 12 Capricci per violino solo dall'Op. 1 di Paganini.
Arrivati nel borghetto sotto il castello, dopo esserci goduti un cucciolo vivacissimo che da solo è bastato a farmi provare un'immensa felicità, abbiamo mangiato sotto i portici della piazzetta centrale. Sulla parete erano ancora esposti i vecchi cartelli della drogheria chiusa da anni e una vite dai chicchi piccoli e gentili ricopriva completamente le mura. Dopo aver assaggiato deliziose tagliatelle spalla e carciofi e una punta che si scioglieva in bocca, ho rovesciato il limoncello sulla tovaglia. Un intenso profumo di limone si è levato riempiendomi le narici già inebriate da un paio di bicchieri di rosso fermo, dolce e fruttato.
Ci siamo arrampicati per il ripido borgo e ci siamo seduti al centro della corte. La luce illuminava le guglie della torre contro un cielo buio, quasi senza stelle. Le arcate delle finestre servivano da cornice a dei meravigliosi affreschi illuminati dall'interno. Tutto era volume, anche la solidità in acciaio della struttura del palco contro il muro grezzo.
Un pipistrello cercava di scappare dal cortile, dalla folla che si riversava composta sulle file di sedie in plastica, ma veniva confuso dal suo radar, che lo faceva credere bloccato dalle pareti, mentre sopra di lui c'era il cielo aperto.
L'artista russo è entrato e subito si è fatto silenzio. Lo vedevamo, raccolto, concentrarsi. Unico rumore quello di sporadici passaggi d'aerei. Io mi sono concentrata a mia volta sulla sua immagine e sul vento che accarezzava i miei piedi nudi, su un capello che mi solleticava la guancia e che non osavo spostare, per paura di turbare l'artista anche solo con un mio piccolo movimento. La sua figura era nera, il vento - che mi faceva sentire la consolazione della lana sulle mie spalle e il calore dei corpi vicini al mio - gli scuoteva i bordi inferiori della giacca. Il violino opaco e il suo braccio diventavano a poco a poco una cosa sola. L'archetto rifletteva, grazie alla luce, i suoi movimenti. L'incredibile colore opaco del legno faceva contrasto col rosa delicato delle sue mani.
Ha cominciato piano a suonare e io ho sentito la musica entrarmi nel corpo, fra mille vibrazioni, attraverso i fianchi. Alcune note le scuoteva via, nervoso, con una spallata, col gomito, prosecuzione del suo strumento, altre le accompagnava piano a morire di una morte lenta e momentanea, le soffocava e le riprendeva solo in seguito come fossero piccole fenici. Il tutto in un ballo frenetico e allo stesso tempo perfettamente melodioso. Non riuscivo a staccare gli occhi dalle sue dita veloci, il pensiero mi andava ad una donna al telaio, che tesseva fili spessi di materiale pesante. Mi scordavo e mi ricordavo di respirare.
Andante.
Veloce.
Agitato.
Uno scroscio di applausi e finalmente, appena accennato, il suo sorriso. Il suo sollievo e forse anche la gioia di ritrovarsi, per una volta, davanti ad una platea di persone qualunque che forse non hanno saputo apprezzare tutte le sfumature della sua incredibile arte, ma che si sono goduti appieno la sua musica, a riempire un posto tanto bello.
Di una serata incredibile come quella resta solo un tratto svolazzante d'inchiostro nero su un taccuino e la consapevolezza di aver vissuto quella giornata per qualcosa.
Pubblicato da guccia 12 commenti
03 agosto 2007
Tre fortissime emozioni
La fabbrica ti mangia le energie, il tempo libero, la possibilità di coltivare le amicizie. Seppure per soli due mesi, sento che il lavoro mi sta togliendo molto, invece di dare.
Ne sono successe di cose questi giorni e avrei voluto scriverle, condividerle con voi. Lo faccio adesso in queste 24 ore di libertà, unico nostro giorno settimanale di festa, a cui andrebbero sottratte le ore di sonno in cui ormai sogno solo catene di pomodori.
Innanzitutto le lacrime. Le lacrime in ricordo della strage del 2 Agosto a Bologna. D'inverno passo quasi tutti i giorni alla stazione e, ogni giorno, mi fermo un minuto davanti a quello squarcio. Un'occhiata d'insieme, seppure partecipe, che non regge all'emozione provata durante la lettura delle testimonianze dei superstiti.
Poi un altro tipo di lacrime. Quel tipo di pianto doloroso e riconoscente. Prima Bergman e poi Antonioni. Il cinema migliore, quello più umano. Le mie due passioni travolte dal lutto. Il cinema scandinavo, la mia tesi di laurea, e il miglior cinema italiano, mai ripetuto. Trovarsi davanti alla televisione attoniti e accorgersi che quel misto di sorpresa e paura si trasforma in un'immensa tristezza e un senso di perdita incolmabili. Rendersi conto, all'improvviso, di star piangendo per due persone mai incontrate, ma per niente sconosciute.
In particolare, oltre alle immagini più famose, mi sono rimasti nel cuore i paesaggi dell'anima, le panoramiche sull'isola di Farö a indagare i sentimenti dei personaggi poi riflessi sui visi tormentati da segni indelebili. L'uomo e la natura stretti in un'unica grande crisi esistenziale, un'unica grande domanda. Il primo piano come solo il cinema (e Dreyer con Bergman) può rivelarlo. Gli oggetti (metafisici) dell'infanzia del protagonista del posto delle fragole, interpretato da un altro grandissimo regista svedese: Sjöström. La predica alla chiesa vuota.
E poi di Antonioni la partita a tennis senza palla; il fiore nella crepa del muro; la panoramica ad accarezzare la facciata dell'albergo fino a scoprire il viso che emerge dall'ombra nell'ultimo episodio di Al di là delle nuvole. Immagini che mi hanno saputo far crescere più di qualsiasi parola, senza bisogno di dialogo.
Ho immaginato Bergman spegnersi nella sua terra e ho desiderato che Antonioni avesse vissuto i suoi ultimi anni in maniera diversa. Il sentimento di gratitudine che ho per questi due uomini immensi non si può scrivere.
Infine, ma non per ultimo, il riconoscimento che i miei paesani mi hanno assegnato. Una serata perfetta organizzata dall'associazione culturale La Guglia, associazione che ha saputo meritarsi persino la medaglia d'argento del presidente della repubblica. I miei compaesani, in occasione della premiazione della bellissima rassegna nazionale di teatro dialettale che organizzano ogni anno, con risultati altissimi, hanno ritenuto di assegnarmi il premio "un aguglianese per la cultura" per i premi conseguiti in vari concorsi letterari nazionali. Io non so come ringraziarli di tanta fiducia in potenza. Sono salita sul palco scossa dalla commozione e la mia voce ha tremato per tutto il tempo in cui ho cercato di tenere un piccolissimo discorso. Loro mi hanno sostenuta per tutta la sera, mi hanno fatto sentire il loro affetto oltre alla loro stima e non smetterò mai di ringraziarli (e di volergli bene). Forse non si rendono nemmeno conto del tutto di quanto è importante questo per me, di quanto mi aiuterà nei tentativi a venire. Ho già tirato fuori dal cassetto dei lavori pronti e mai spediti sull'onda di questa importantissima fiducia. Solo con una forte amicizia intorno si può credere ad un sogno tanto difficile.
Distrutta da tutte queste immense emozioni faccio un altro passo avanti, il più lungo che le mie gambe abbastanza lunghe riescono a fare.
La notizia sul web
Grazie.
Pubblicato da guccia 22 commenti