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29 ottobre 2007

Angoli di Roma.


Non è facile riordinare i pensieri in un treno che viaggia in mezzo alla notte. Mi aggrappo alle poche luci della campagna laziale in cerca di un segnale di ragione, di parole in fila dentro e oltre il sentimento. Cerco un'ancora di luce, oltre la monotonia del buio, per la mia anima che non ne vuole sapere di restarsene seduta col corpo e alla fine deraglia. Guardo dormire la stanchezza di Gabriele, i suoi occhi chiusi sulle chiese di Roma e la bocca semiaperta a ricordare un sapore condiviso. Mangio biscotti per sopravvivere alla nostalgia amara, olive per non farmi travolgere dalla dolcezza. Telefono a casa, mando messaggi contrari al senso di marcia.

Roma ci si è mostrata in tutta la sua generosità.

Era solo ieri che respiravo l'odore dell'incenso di un rito profano oltre la porta pesante del pantheon e seguivo strade che si ritagliavano spazio fra proprietà ecclesiali dove si conserva il rito antico di una messa per pochi, parole in tedesco pronunciate da un parroco alto e diritto, fedeli seri a circondarlo nell'abbraccio di una comunità ermetica e sfumata dalla medievale bellezza atroce di S.Stefano rotondo.
Solo ieri a trastevere mi emozionavo nella luce che filtrava da una finestra in una scia di polvere, fumo, sudore di un ritorno insperato d'estate, spiavo centinaia di pensieri scritti e lasciati nelle mani del santo, mi perdevo nell'edera rossa che avvolge le case, ci mascheravamo insieme da turisti davanti ad un piatto fumante di rigatoni cacio e pepe. A S.Giovanni in laterano conversavo con le statue bianche che chiedevano ai passanti compagnia, oltre la solitudine di un tetto e in metropolitana scrutavo curiosa le facce, le espressioni diverse e giocavo a far finta di capire le parole, le inflessioni di tutto il mondo. Mi rilassavo e riflettevo nei chiostri dove riposano gli ulivi, la bellezza, il pensiero, fra i tavolini dei bar pieni di lingue e gelati, nella musica che riempiva le strade.
Al campo nomadi avevano steso e le donne abitavano fra un meraviglioso regalo di raggi estivi, l'odore del bucato, gli schiamazzi dei bambini, il riposo degli uomini.
Abbiamo camminato ore e ore senza essere stanchi e il nostro passo, vicino alla fontana di piazza del popolo, si è incontrato con altri passi di cui, ancora adesso, sento il rumore ritmato, in questa strada dal cielo grigio dove camminiamo ancora insieme.
Roma, la città delle contraddizioni, ci ha dato due giorni d'amore e ci ha traditi nell'accettare la beatificazione di 498 assassini di uomini e di libertà, torturatori franchisti.
Grazie a Nicoletta e Mariano la città eterna non ci è mai sembrata così bella, le nostre labbra non si sono mai stese così a lungo in un sorriso. Anche il tempo era nostro complice, e ci ha regalato un'ora solare che posticipava il momento del ritorno, rendeva relativo lo scorrere tiranno dei minuti.
Impossibile ringraziare per tanto affetto e ricchezza, cercare di spiegare quanto è ricambiato.
D'ora in poi dietro le nostre spalle secoli di storia passata, davanti ai nostri occhi una vita da scrivere e riscrivere assieme.

Le foto degli angoli di Roma le trovate qui.

25 ottobre 2007

Ritrovare l'amore in uno sbuffo di farina

Questo piccolo appartamento ammuffisce un pò alle pareti, ma è pieno di vari tipi di amore. Ieri cucinavo per amici, due professori agli opposti, che deliziosamente quando ci vengono a trovare si beccano tutta la sera, facendoci ridere di gusto. Uno preciso e puntuale, l'altro ritardatario e "straiato". Entrambi di grande cultura, di quella cultura senza trofei, quella spartita come fosse un abbraccio. Parma, la splendida Parma del duomo e del battistero, la Parma del Regio e del Farnese amato da orde di poeti, intellettuali, nobili, distrutto dalla guerra e ricostruito dalla povera gente, la Parma della splendente e immodesta Palatina, di solito, è chiusa e altezzosa, conscia della sua superiorità culturale e alimentare disprezza i regali degli altri, ma con Maurizio e Giovanni, Parma, mi ha aperto il cuore e, da quando li conosco, sorrido sempre per le vie di questa città che mi aveva accolto tanto freddamente. Mi capita di passare, per le vie nebbiose di questa città di pianura, davanti ad un ragazzo con un sax a cui volentieri lascio una monetina e un gesto di ringraziamento, e mi scopro a pensare allo sbuffo di farina, allo schizzo di pomodoro, alla tentazione di assaggiare la torta che ho preparato per il loro compleanno e sorrido.
Passando in cucina, prima di cena, mi rubavano acini d'uva.
Ogni volta che li vedo mi riconcilio col mondo.
Fra due giorni mi penserete a Roma, vado a trovare mia sorella acquisita per amore, Nicoletta, di cui spesso mi scopro di raccontare e, come lei stessa dice, riavremo modo di guardarci nei nostri occhi color cannella, dopo tanto tempo di lontananza solo fisica. Gabriele, l'uomo della mia vita, stavolta mi può accompagnare. Oggi vado a scegliere un libro per lei e ho pensato di copiare il dolce/amaro regalo di Maurizio: la cucina color zafferano di Yasmin Crowther.
Penso a Marco che va a New York, a un ragazzo conosciuto in fabbrica che mi ha telefonato e invitato a riattivarmi per il partito qua, in una città a cui ho dato sette anni della mia vita e che sta cominciando a cedere e permettermi di sentire un pò mia, che ha voluto condividere con me le emozioni della grande manifestazione di Roma. Per me politica praticata non era più esistita senza gli amici di una volta.
Mi sento circondata da tanti tipi di amore e la canzone Stranamore di Vecchioni è un loop desiderato e sofferto di una sofferenza di caramella nella mia testa.
Oggi, a pranzo, risotto di zucca!

23 ottobre 2007

Quando un bimbo muore di freddo, in Italia.

Scrivo questo post fra un miscuglio di emozioni che spaziano dal dolore all'odio. Mi sento persino colpevole: colpevole di aver desiderato tanto l'inverno. Io, che a volte accendo il termosifone in solaio per non far gelare le mutande.
Rivado col pensiero al periodo in cui ho conosciuto una ragazza straordinaria, talmente colma di vita da doverne per forza regalare un pò agli altri.
Nicoletta è una ragazza di Roma, di origine marchigiana. Anni fa si è improvvisata a titolo volontario mediatrice culturale del campo nomadi di Saxa Rubra ottenendo non solo grandi risultati, ma soprattutto amicizia reciproca. Ha lavorato nelle scuole per favorire l'integrazione degli stranieri e mi raccontava cosa è riuscita a fare con l'hennè, per rendere possibile l'inserimento di una ragazzina musulmana. Grazie ai suoi studi d'avvocato ha seguito gratuitamente cause per persone sfruttate, portate a lavorare in Italia e poi tenute come schiavi. Si occupa anche della gente dell'est che arriva in Italia, il paese delle pubblicità del mulino bianco, in cerca di una vita migliore, di un lavoro per sfamare i propri figli, aprirgli la strada per una nuova vita e invece finisce sulle rive del Tevere, nelle baracche di cartone. Ai tempi del rischio d'alluvione ha assistito centinaia di persone sistemate momentaneamente nei tunnel della metropolitana, si occupa di trovare indumenti e medicine per questa gente. Le medicine le tiene a casa sua ed è pronta a partire anche solo per un raffreddore, infatti, a differenza degli abiti, del cibo, le tiene lei per paura che la necessità porti i disperati che assiste a venderle.
Nicoletta è tanto buona, ma si arrabbia spesso e la sua voce rimane sempre inascoltata.
Ad ogni occasione elettorale, infatti, il tanto amato Veltroni, segretario del partito che non c'è, che niente ha in comune con la famosa isola, dice ai suoi vigili-sicari di sgomberare il lungo fiume, il che significa che tali signori cacciano queste persone già al limite della miseria distruggendone i rifugi di fortuna, limitandosi a spostare il problema da un posto all'altro della città e poi ricominciando ad ignorare la situazione.
Questi sgomberi annullano tutto il lavoro di Nicoletta, ma non solo.
Mentre Roma era tutta lustrini per la festa del cinema, due ragazzi (rom rumeni), lei diciassettenne, lui poco più grande, hanno perso il piccolo Francesco, loro figlio di due mesi appena, che non ce l'ha fatta, è morto di freddo.
Dopo la rabbia di Nicoletta viene il mio odio. L'odio per questa politica che è il trionfo della mediocrità, dell'indifferenza, dell'opportunismo. Una politica del conteggio che accetta le richieste di una società malata d'egoismo e si scaglia contro i lavavetri, le prostitute, gli extracomunitari, gli zingari perché è questo che rende popolari. L'odio verso questa assurda richiesta di sicurezza a tutti i costi di stampo prettamente fascista, di contenuti nulli, tranne l'opportunismo.
Una società di finti onesti contribuenti che pretendono che le loro tasse vengano utilizzate solo per loro e per fare pulizia.
Francesco è morto di freddo, neanche fossimo già diventati l'America dove chi non ha non vive, ma tanto è già storia passata, come è già sbiadito ricordo e presunta medaglia la storia di Dragan, bosniaco, padre di due figli, che è morto per salvare due figli di italiani che non hanno neanche ringraziato i suoi parenti, non hanno neanche aspettato di trovarne il cadavere.
Ma a noi interessano di più le storie giornalistiche di rumeni cattivi e zingari ladri, gli stessi che facciamo vivere sulle discariche e che lasciamo morire di freddo senza neanche una parola. Ci piace disprezzare gli extracomunitari che si schiantano la schiena, in nero, nelle nostre fabbriche. A noi interessano di più le primarie, per far vedere quanto siamo democratici e che grande consenso riusciamo ad ottenere stando un pò di qua e un pò di là anche a costo di affossare l'Italia economicamente, umanamente e culturalmente per non dover prendersi il rischio di scegliere, non dover cambiare, non dover dare quello a cui spetta di diritto a tutti, contribuenti e non, regolari e irregolari.

20 ottobre 2007

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Di diritti, contenuti, conquiste sociali.

E, finalmente, di nuovo, un mare di rosse bandiere.

Quando il Sig.Rossi non è un Sig.Rossi qualunque

Oggi mi permetto di raccontarvi una storia che sembra una favola a lieto fine, invece appartiene alla cronaca di questi giorni, una delle tante notizie defilate di cui farebbe bene parlare.
Ormai dovrebbe esserci noto che, invece di piangere e gridare al mostro cinese, quello che ci chiede il mercato internazionale sono prodotti di elevata qualità. Elevata qualità a cui, le mie piccole Marche, hanno sempre guardato. Infatti, in particolar modo nella zona dell'ascolano, sono vive e produttive molte piccole aziende di produzione artigianale di alta qualità apprezzate in tutto il mondo. Queste aziende godono di ottima salute, continuano ad aumentare il proprio giro d'affari e tutto questo lo devono anche alla grande preparazione dei loro dipendenti. Bene, a questo punto della storia entra in scena il Il Sig.Rossi, imprenditore fermano dell'azienda "Campofilone", azienda che produce pasta all'uovo di alto livello (è buonissima, io le ho provate le tagliatelline Campofilone col ragù della mamma), attività cominciata a partire da una casalinga delle nostre colline - ancora a misura d'uomo e dove sono vive vecchie tradizioni - che apre una trattoria... ma questa è un'altra storia.
Il Sig. Rossi, e a questo punto appare chiaro che non stiamo parlando di "un sig.Rossi qualunque" formula strausata dalle maestre elementari, ma del Sig.Enzo Rossi, vede che il fatturato della sua azienda va alle stelle grazie ai mercati giapponesi e americani e, tranquillo del suo successo economico, pensa di vedere come se la passano i suoi dipendenti. Con due figlie e una moglie a carico decide di provare per un mese a vivere con lo stipendio dei suoi operai. Ebbene arriva al 20 del mese e poi da forfait: conducendo una vita normalissima non si può vivere con poco più 1000 € al mese. E così, il Sig. Rossi dichiara "E' giusto che retribuisca di più i miei dipendenti perché lavorano bene e meglio degli altri - ha spiegato - E poi non sono assolutamente inferiori ai loro colleghi tedeschi, francesi, inglesi che percepiscono stipendi superiori a quelli degli italiani" e gli assegna 200 € mensili in più in busta paga. Che dire? Un buon inizio! (Sperando che i suoi colleghi facciano sì che questo sia l'inizio di qualcosa).
Pur non capendone granché di economia ho sempre pensato che un paese non cresce affamandone la popolazione, sarebbe come togliere l'olio ad un motore. Credo che se le persone avessero più tempo libero, più possibilità formative, più disponibilità economica, sarebbero più disposte a spendere, procreare, inventare progetti, credere nel futuro, nelle istituzioni, persino nei datori di lavoro. Il Sig.Rossi e la situazione delle aziende delle altre nazioni europee ci dimostrano che alzare gli stipendi è possibile. Che questa sia la prima scintilla dell'incredibile rivoluzione bolscevica degli imprenditori? Se non ci pensano operai e sindacati, qualcuno ci dovrà pur pensare...

O.T.(?): Aderisco anima e corpo alla manifestazione di oggi e avrei davvero voluto essere a Roma, ma devo essere nella capitale la prossima settimana e le finanze non mi permettono tanto. La prossima non mi sfugge.

18 ottobre 2007

Essere donna non è una macchia di sangue

A mia mamma che ha radunato tutto l'amore possibile e mi ha restituito quelle lettere, che ha raggiunto con me la nostra stazione; a mia nonna che ha resistito alle atroci sofferenze della sua vita fino a permettermi di nascere e di cambiarmi parecchi pannolini; all'altra mia nonna che non ha accettato che l'amore possa essere distrutto dalla morte; a Stefano che vuole fare un film sulle donne.

Diventare donna non è una macchia di sangue, quella mattina l'unica consapevolezza che acquisisci è la posizione fisica delle tue ovaie e un forte mal di pancia che ti renderà intrattabile per tutti i cinque giorni al mese della tua vita.
Non si diventa donne nemmeno con la seconda macchia di sangue, a farti donna è quando il tuo ragazzo, la prima volta, non ce l'ha fatta e tu, dolcemente, riesci a fargli capire che vale molto di più quella sua tenera emozione che un lenzuolo da lavare.
Di certo diventare donna è una grave forma di autolesionismo, quando ci si crede in dovere di sacrificarsi per gli altri e quando sacrificarsi per gli altri non serve proprio a niente oltre ad una continua gratificazione della propria tendenza al martirio.
Donna ricordati che chi accetta il tuo sacrificio senza sofferenza, di certo non lo merita.
Perdonare uno stupratore non deve essere cosa da donna, lasciamolo alle sante e al perdono cristiano, che fa più danno della violenza.
Essere donna è sposarsi tanto quanto avere il coraggio di divorziare o rimanere zitella.
Solo una donna può partorire il figlio di un uomo o decidere di abortirne il feto.
Diventare donna può essere mettere solo un trucco leggero o comprare una gonna, dopo una vita di pantaloni, e poi vergognarsi di indossarla, ma in casa provarla e riprovarla; diventare donna è capire quanto potere esercita il tuo corpo sugli uomini e nasconderlo o abusarne, soffrire come un cane per una ceretta o fregarsene di avere i baffi.
Qualcuna diventa donna cominciando a desiderare i sogni repressi, altre non volendo morire e lottando contro la vecchiaia, o quel tremendo male incurabile, per vedere nascere i figli dei propri figli, i figli dei propri nipoti, altre ancora capiscono di essere ormai donne quando smettono di considerare un sacrificio i lavori di casa e si accorgono di aver costruito un nido insieme all'uomo della loro vita.
Diventare donna è avere accanto almeno altre due donne, di altre due generazioni, è sentirsi belle con quella ruga vicino agli occhi o non tollerarla.
Essere donna è portare il velo con convinzione o non accettarlo e così essere costrette a dover rinunciare per questo alla propria religione e alla propria famiglia, dover accettare un matrimonio combinato, non avere il coraggio di denunciare una violenza domestica, crescere i propri fratelli orfani, curarsi dei genitori anziani non indipendenti.
Se diventare donna è, come io credo, essenzialmente, desiderarlo, soffrirne e compiere delle scelte, anche un uomo può davvero diventare una donna.
Sono donne tanto i travestiti di Almodóvar, quanto le martiri di Lars Von Trier. E' donna Medea, che sacrifica i suoi figli per colpire il suo uomo che l'ha tradita, tanto quanto lo sono le casalinghe che, quotidianamente, si fanno succhiare la vita da famiglie parassita o quanto lo è una vedova che rispetta la sua vedovanza fino alla morte.
Ogni donna è donna a modo suo, ma tutte sono accomunate da uno straziante e dolce dolore di fondo, da un forte altruismo e una morbosa sensibilità, lato imprescindibile dell'essere state donne nei secoli in una società dove hanno dominato i maschi, ma l'universo femminile per gli uomini era sostegno discreto, spalla, realizzazione del desiderio narcisistico di vivere oltre la morte.

15 ottobre 2007

Un porto sicuro

Mi aggiro, munita di macchina fotografica, come fossi una turista, per le vie del ghetto, ad Ancona. Mi fermo ad annusare ad occhi chiusi l'odore dei cibi che massaie scrupolose stanno preparando già dall'alba di questa domenica mattina. Osservo stupita architetture molto particolari a cui non avevo mai fatto caso con l'attenzione rapita dalla bellezza esibita di piazza del Plebiscito, piccole e minuscole chiese che si affacciano oltre l'ennesimo angolo, a fianco di quel borgo stretto dove ripide scalette arrancano verso il Duomo, sospeso fra l'alba e il tramonto del golfo. Prima delle grandi e sfarzose navi da crociera, ben altre navi sono passate sotto questo tempio: grandi corazzate dell'ultima guerra fraticida che ha visto popolato solo da paura lo stesso ghetto, stive piene di sacchi neri di plastica per i morti che ha risparmiato il terremoto, accanitosi solo con gli ultimi edifici scampati ai bombardamenti inutili degli americani. La frana, la guerra, il terremoto, forse Ancona doveva scontare la posizione in un luogo dov'è concentrata tanta diversa bellezza. Ma oggi sono diretta al cimitero ebraico, che ho scoperto essere il più grande d'Italia e che è appena stato restaurato e siamo diretti anche nel luogo dove il vento che sferzava il faro, la pioggia invernale che giocava a trasformarsi in ghiaccio, non impedivano ad un amore in bilico di mettere radici. Non smetterò mai di essere riconoscente ad un vecchio faro in pensione che ci ha protetti senza giudicare, ad emozionarmi nell'abbraccio di quel panorama a 360 gradi, non riuscirò mai a stancarmi di vedere la città tuffarsi, col porto, in mare senza rinunciare a piccole deliziose spiagge di colori improbabili, a picco sotto la scogliera. Bianchissime lapidi di forme uniche nel loro genere mi ricordano che lì sono stati sepolti, al tramonto, una donna impareggiabile e un padre amatissimo. Bianchissime lapidi pesanti a nascondere in fretta la vergogna della morte, a mostrarsi in incomprensibili segni di una lingua antica, parole che non mancano di errori, fra cui quello della morte stessa, l'unico incorreggibile. Davanti a quel mare schiumoso e infinito scopro di essermi fermata a riflettere sulla pazzia del genocidio, al razzismo presunto esportato dai colonizzatori che riesce a far sentire diversi anche gli uguali. Oggi penso alla zuppa di banane degli Utu e alla carne, al latte dei Tuzi, alle radio che diffondevano le targhe delle automobili per riconoscere, nella totale uguaglianza etnica e culturale, chi doveva essere trucidato, lasciato morire lentamente con gli arti tagliati, penso a chi aveva la fortuna di poter pagare per essere ucciso con una pallottola e non a colpi di machete o martello. Oggi penso alle fosse comuni di Sebrenica, appena al di là di questo mare, dove gli assassini parlavano la stessa lingua degli uccisi, dove bisogna ancora oggi fare 110 km per trovare un dottore e ai pochi bambini fortunati che frequentano la scuola viene insegnata la storia della Serbia. Penso alle città fantasma della Cecenia, della zona settentrionale dell'isola di Cipro, ai Kurdi, agli armeni. Penso ai passamontagna del Chiapas, ai Tamil. Penso all'orrore di sentir parlare italiano, in mezzo a sconosciuti idiomi tedeschi, dai torturatori e assassini di Marzabotto, di Sant'Anna di Stazzema. Penso a tutti quelli che non hanno trovato posto nei miei pensieri, uno spazio bianco che riempirà il cuore di chi legge.
Il genocidio, l'eccidio, lo sfruttamento, la violenza non sono solo in presenza di differenze etniche, culturali, linguistiche, religiose, l'uomo, parte dello stesso popolo mondiale, uccide anche in mancanza di tali differenze, che vengono fabbricate ad ogni sanguinaria necessità. Un popolo unico fatto di identità plurime che vengono giornalmente sezionate e isolate per farci sentire diversi in nome di altri interessi.
Questa che ho intorno oggi è la mia terra e vorrei che, non solo per me, non solo per noi, ma soprattutto per gli altri, possa essere per sempre un porto sicuro.

09 ottobre 2007

La storia lo assolverà

Quest'anno, appositamente, ho evitato di ricordare il quarantesimo anniversario della morte di Che Guevara. Perché quando si parla del Che, inevitabilmente, si parla di Cuba e, quando si parla di Cuba, inevitabilmente, si parla di Fidel Castro. Ho deciso, invece, sul finire della serata, di gettarmi nella polemica scatenatasi in vari blog.
Bene, Cuba, dalla fine degli anni cinquanta è governata da questo uomo apparentemente duro, sempre in uniforme militare. Io, guardandolo, per prima cosa mi chiedo: perché, Fidel, quell'uniforme ancora oggi? Se davvero, come molti dicono, ti sei fatto mangiare dalla voglia di potere, perché non hai indossato la cravatta dei ricchi? Perché te ne vai in giro per le strade di Cuba, senza scorta, con una vecchia mercedes? Perché invece di dedicare anima e corpo allo stato non ti godi un pò la vita che, probabilmente, stai per finire? La risposta che mi sono data è che Fidel, la divisa, non può togliersela. Non può perché la sua piccola nazione è ancora in guerra, anche se abbandonata e condannata dall'opinione pubblica e dai governi del mondo intero. Sono all'ordine del giorno le spie americane trovate a promettere denaro in cambio di una democrazia fantoccio che non farebbe altro che riappropriarsi delle risorse, delle multinazionali, che riaprirebbe le case di prostituzione per vendere agli americani, per l'ennesima volta, le donne, il popolo cubano. Fidel questo lo sa, Fidel, ogni giorno di questi cinquant'anni ha temuto l'attacco che non avrebbero potuto respingere. Nonostante questo, nonostante un embargo che affosserebbe noi paesi ricchi, ha dato cibo, istruzione e sanità a tutti i suoi cittadini e anche a poveri del resto del mondo, fra cui americani. Senza contare gli sforzi democratici degli ultimi anni: fra tutti le elezioni dei governi municipali, probabilmente più democratiche delle nostre. Sicuramente quest'uomo, in quanto tale, avrà commesso degli sbagli, ma guardandolo in quegli occhi stanchi, sentendo la commozione che trasuda dalle sue parole quando ricorda la figura del Che, sicuramente, io so che in quelle condizioni nessuno avrebbe potuto fare di più. Il Che è stato un grande idealista e resterà per sempre (capitalismo e magliette permettendo) nel cuore di tutti i giovani del mondo, la sua speranza di un mondo migliore sarà sempre difesa, resterà giovane e perfetto. Fidel, invece, è l'uomo che ha dovuto fare il lavoro sporco, quello necessario, quotidiano e resterà uomo, un grande uomo.
E ricordatevi: giudicare un uomo estraendolo dal suo contesto storico e sociale è solo faziosità.

07 ottobre 2007

La polpa indifesa del caco.

A me l'autunno fa un bell'effetto. Mi accoccolo dentro un maglione enorme e mi sistemo vicino al termosifone. Mi viene voglia di fare, ricomincio a sentire il bisogno di scrivere, immagino la prossima neve, divento riflessiva e aspetto la domenica di festa per godermi i nuovi colori delle colline e delle città d'arte. I frutti dell'autunno, poi, soddisfano il mio gusto come nessun altro sapore: i cachi, le castagne, la zucca, i funghi, la polenta. Ho voglia, come un felino, di cibi grassi per prepararmi al freddo dell'inverno, ho voglia di sapori nuovi per far uscire il corpo dal tunnel del lavoro ripetitivo.
Il nuovo micetto tigrato trova ottimo che io mi sia rimessa a studiare: le mie gambe sono patria sua, visto che per ore non mi schiodo dal tavolo, per potersi accoccolare al caldo facendo due fusa riconoscenti ogni tanto, sbadigliando e guardandomi curioso con quei due occhietti tondi e pestiferi. Io ci guadagno una morbidezza che non ha pari che ristora il mio tatto corteggiato solo dai solchi che lascia sul foglio il mio tratto pesante. Forse per questo gatti e intellettuali vanno tanto d'accordo.
Isolo un pensiero dal flusso continuo di parole che disordina la mia mente, incitata dalla stanchezza mentale e dagli stimoli continui prodotti dallo studio:

La grande pianura, costretta dalla mietitura a scoprire il proprio orizzonte, con falsa pudicizia, si adorna di una nebbia leggera, un velo semitrasparente.
I rami tetri degli alberi sono carichi di cachi vivaci e succosi la cui polpa è messa facilmente a nudo dalla precaria promessa della loro pelle liscia.
Senza altro bisogno che di mani ansiose di portarsi alla bocca un sapore dimenticato, mette radici il seme nel ventre di una donna che ha deciso di annullarsi per due vite che iniziano dove finisce la sua.
Le femmine maturando concimano la loro propensione al sacrificio.
Oltre il vetro sporco di pioggia sinfonia d'autunno e consapevolezza che l'uva è già mosto e non sarà mai vino.

06 ottobre 2007

La stagione cinematografica 2006/2007 vista da guccia

Questa stagione mi ha vista raramente sulle poltrone rosse ma pubblico ugualmente, col nuovo numero di Segnocinema fra le mani, due o tre frasi per ogni film che ho potuto vedere sul grande schermo. [in ordine alfabetico per titolo].

Anplagghed al cinema Regia Rinaldo Gaspari, dalla regia teatrale di Arturo Brachetti, soggetto e sceneggiatura Aldo, Giovanni e Giacomo, Gialappa's Band, Valerio Bariletti, Arturo Brachetti, Cesare Alberto Gallarini. Italia 2006
Non i migliori Aldo Giovanni e Giacomo dei "corti", a tratti noioso, nonostante alcuni sketch sinceramente divertenti. Teatro portato sullo schermo, di cinema praticamente niente.
Apocalypto regia di Mel Gibson, soggetto e sceneggiatura Mel Gibson, Farhad Safinia. USA 2006
Lo nomino quale "film più noioso della stagione". Tanto splatter (sbudellamenti di ogni genere), tante corse, poco contenuto, storia banale.
Cars - motori ruggenti
Regia John Lasseter, Joe Ranft, sceneggiatura Dan Fogelman, John Lasseter, Joe Ranft, Kiel Murray, Phil Lorin, Jorgen Klubien. USA 2006
Da veri professionisti dell'animazione, alla Pixar realizzano un altro bel lavoro, anche se ad ogni opera la storia si sta disneyzzando sempre di più banalizzando il lavoro. A loro favore il fatto di riuscire a far sorridere senza essere mai volgari.
Centochiodi
Regia, soggetto e sceneggiatura Ermanno Olmi. Italia 2007
Da un'ottima idea un film che ha deluso le mie aspettative. Solito film di Olmi. Filosofia banalizzata all'inverosimile. Pessimo Degan.
Clerks II
Regia, soggetto e sceneggiatura e montaggio Kevin Smith. USA 2006
Dopo la prima parte un pò debole una seconda parte spassosa tanto quanto il primo clerks (che è tutto dire). Da non perdersi la scena in cui Randal, in un fast food, stronca il signore degli anelli a favore della trilogia...
Eragon
Regia Stefen Fangmeier, sceneggiatura Peter Buchman. USA 2006
"Simpatico". Un film che ricalca le orme di guerre stellari e si lascia guardare.
Fascisti su Marte
Regia Corrado Guzzanti, Igor Skofic, Sceneggiatura Corrado Guzzanti Paola Cannatello. Italia 2006
Dall'idea abusata del pianeta "rosso bolscevico" questo film che Guzzanti ha definito "non per tutti". Di certo non per me. Tremendo.
Il grande capo
Regia, soggetto e scenggiatura Lars Von Trier. Danimarca, Svezia, Francia 2006
A carattere cubitali sulle locandine c'era scritto: una commedia di Lars Von Trier. Commedia?!? Non mi perderei nessuno dei capolavori di questo autore enorme, ma la cosa mi aveva spiazzata un pò. Metacinematografico, divertente, profondo. Curiosa la tecnica dell'Automavision, il regista lascia scegliere le inquadrature ad un computer disorientando lo spettatore. Come al solito, comunque, in Von Trier, nonostante la grande sperimentazione, è l'idea, perfetta, a primeggiare sulla tecnica.
Grindhouse - A prova di morte
Regia, soggetto, sceneggiatura e fotografia Quentin Tarantino. USA 2007
Uno psicopatico assasino, sangue e incidenti. La soddisfazione della vendetta. Peccato che per scelte di produzione abbiano separato il film di Rodriguez da questa opera sicuramente particolare.
Grizzly man
Regia, soggetto e sceneggiatura Werner Herzog. USA 2005
Lo strano rapporto dell'uomo con la natura e la pazzia utopica di Timothy Treadwell, figlio della società che lo ha creato, l'America, dove tutto è amplificato. Herzog sceglie sempre storie al limite dell'umano. Commenta le riprese fatte direttamente da Timothy, attore inconsapevole che comunque recita di fronte alla sua piccola camera. Interessante e molto bello.
La masseria delle allodole
Regia e sceneggiatura Paolo e Vittorio Taviani. Italia, Bulgaria, Spagna, Francia 2007
Brutto, patetico, troppo magniloquente, retorico. Non basta fare un film su un argomento del quale si dovrebbe parlare e riparlare (il genocidio degli armeni, ancora negato dalle autorità turche) per poter dire che si tratta di un bel film.
Mille miglia... lontano
Regia Zhang Ymou, soggetto e sceneggiatura Zhanh Ymou, Jingzhi Zou. Hong Kong, Cina, Giappone 2005
Dolce, profondo, bello sia nei contenuti che nella splendida fotografia (che riflette i sentimenti dell'anziano). Un padre fallito può recuperare il suo rapporto col figlio realizzando il suo ultimo desiderio in punto di morte? Per poterlo fare dovrà impegnarsi un viaggio che gli darà modo di riflettere sulla propria vita e sull'uomo in genere.
Nuovomondo
Regia soggetto e sceneggiatura Emanuele Crialese. Italia Francia 2006
Estremamente metaforico e simbolico senza perdere di vista la concretezza della realtà, senza essere retorico, raccontando la storicità dei fatti attraverso un esercizio di stile mai fastidioso. In America, per gli emigrati Siciliani, i fiumi erano fatti di latte e le carote erano enormi, l'impatto però fu poi ben diverso, a cominciare dalle visite di "idoneità fisica e psicologica".
Pasolini prossimo nostro
Regia, soggetto e sceneggiatura Giuseppe Bertolucci. Italia, Francia 2006
Dal set di Salò o le 120 giornate di Sodoma si parla di Pasolini (ne parla lui stesso) attraverso un'intervista, foto di scena, fotogrammi, scene inedite del film o del lavoro di scena. Prossimo nostro, perché le riflessioni di Pasolini sono più che mai attuali, perché farebbero bene a questa opinione pubblica malata di falso buonismo e moralità. Accompagnato da una mostra in cui Toccafondo "pittura" articoli di giornale di allora in cui si può scoprire quanta cattiveria gli si scagliava addosso, quanto possa dar fastidio l'intelligenza.
Il segreto di Esma (Grbavica)
Regia, soggetto e sceneggiatura Jasmila Zbanic. Austria, Germania, Bosnia, Croazia, Olanda 2006
Come spiegare alla propria figlia che il padre non è un eroe della guerra nell'ex Jugoslavia ma uno stupratore? Come guarire insieme in una città, che essa stessa, pur desiderando ardentemente la normalità, non riesce a curare le proprie ferite? Un film che merita appieno l'orso d'oro che ha conquistato a Berlino.
La stella che non c'è
Regia Gianni Amelio, sceneggiatura Gianni Amelio, Umberto Contarello. Italia, Francia, Svizzera 2006
Un operaio, di sua iniziativa, si mette alla ricerca di un altoforno dismesso da un'acciaieria italiana e venduto ai cinesi perché è convinto di aver trovato il modo di riparare un difetto potenzialmente pericoloso. Un viaggio che diventa crescita umana, amore, scoperta. Per me bellissimo, a dispetto del giudizio della critica.
300
Regia Zack Snyder, Sceneggiatura Zack Snyder, Kurt Johnstad, Michael B. Gordon. USA 2007
Buona la resa visiva nel grande schermo di un fumetto (idealmente apprezzabile o meno ma dalla grande tecnica... per capirci Miller è lo stesso autore del "ritorno del cavaliere oscuro") ma esagerato, retorico, patetico, noioso.
Il vento che accarezza l'erba
Regia Ken Loach, soggetto e sceneggiatura Paul Laverty. Irlanda, UK, Germania, Italia, Spagna 2006
Alcune scene di ottimo cinema, bella fotografia, un argomento delicato e difficile ma non un capolavoro. Di sicuro spunto per una riflessione sul terrorismo... la violenza è sempre a torto? O piuttosto il torto non è di chi costringe gli uomini ad usare violenza?

Essermi dovuta limitare a poche righe per ogni commento mi ha causato il mal di pancia, ma vista la lunghezza del post non avrei potuto fare altrimenti. Non perdetevi l'ultimo di Rivette (nuova stagione). Non mi perderò Inland Empire (vecchia stagione).