Bologna non è una città, Bologna è una donna. Bologna è una donna dai seni grandi, dai fianchi morbidi e perfettamente rotondi. Bologna è una campagnola inurbata, una nobile bottegaia. Guccini la canta con sapore di romagna. Bologna è romagnola nei gesti, nei sorrisi, nella vitalità, ma non nel vestire. Bologna non porta vestaglie a fiori per coprire il costume e non sta ore in spiaggia. Bologna non è senza colli e strade d'acciottolato. Non è senza i riflessi nella fontana del Nettuno, senza la sua ombra, con cui, chissà, si potrebbe scovarla a fare l'amore, magari nascosta nella penombra di un palchetto del comunale o fra i giardini di S.Luca, quella falsa romantica che ha bisogno di stelle per pronunciare rare parole d'amore.
Scoprire Bologna di notte, fra infinite coppie che ballano una musica immaginaria davanti palazzo D'Accursio, è sempre squisitamente intimo. Appoggiarsi al suono dell'acqua che si tuffa in altra acqua, l'acqua dei tanti canali nascosti.
Passare per piazza S.Stefano, ricordare i frati neri in veste bianca che si muovono silenziosi fra splendidi chiostri, sedersi un momento ad un tavolino, mentre comincia a farsi fresco.
Parlare soprattutto. Parlare piano di cose normali fra sensazioni che si vestono di poesia. Scoprire chiuso il pesante portone dell'università, chiuso sull'ultimo esame dato, tenere lontani gli impegni e le incertezze. Veder passare un vecchio professore che torna a casa pensieroso e le ultime serrande che, rumorosamente, si chiudono su un'altra giornata.
Trovare, seguendo i portici, l'osteria dé poeti e sedersi in una stanza dal profumo di cose vere, davanti ad un caminetto spento, ascoltare, oltre il muro, una musica.
Accompagnati da una candela, fra le righe di carta, scegliere insieme sapori e profumi, cordialità. Accarezzare piano il piatto per non finire mai.
Poi, improvvisa, ritrovare la fretta, la fretta di vivere, di vedere. Uscire quasi di corsa e tuffarsi di nuovo in una passeggiata morbida. Indossare sulla pelle d'oca la maglia appena comprata e stare vicini per non sentire uno strano freddo di Maggio. Emozionarsi persino alle luci dell'autostrada, una lunga via diritta e deserta di cui non si vede la fine e che viene sempre voglia di continuare a percorrere.
18 maggio 2007
La bella emiliana morbida.
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9 commenti:
Quanto tempo che non vado all'osteria dei poeti... mi manca un pochino :(
Eh.. Bologna, una città, un modo di vivere, un modo di essere...
Post bellissimo!
Sei una vera poetessa.
Ragazzi non ho parole, grazie, mi avete davvero lasciata imbarazzata e felice.
E' solo la mia serata di ieri sera, era così, lei, non era difficile da raccontare. Da troppo non scrivo, vincitrice di concorsi letterari di serie B e ho troppe storie aperte da chiudere. Nei periodi in cui, più degli altri, ti senti incapace, impotente o semplicemente non ti trovi è impossibile farlo decentemente. Ma il blog è un diario da condividere con amici fisici e virtuali per me, qui non c'è vergogna né pretesa.
non sono mai stata a bologna ma mi fai venire proprio voglia di vederla
Bologna bella e sempre viva ...
IO ho speso, fiato, parole e ricordi..MI lega a Bologna un peiodo importante della mia vita. Amo tutto di lei. La immagino ora..Immagino soprattutto piazza Santo Stefano..Il rumore della gente. Che bella!!!
Dal poco che la conosco, Bologna è proprio così. Bellisima descrizione. E a proposito di Bologna e del post precedente, leggevo proprio l'altro giorno:
"Ci s'incontrava in centro verso le sei del pomeriggio, si facevano due vasche e poi si andava nel nostro ritrovo preferito, che era l'Osteria dei Poeti, quella dove si diceva andasse Carducci, tanto che all'ingresso c'era un suo busto. Si trovava in via dei Poeti, dal nome di una famiglia che non aveva niente a che vedere con la poesia. C'è ancora oggi, quell'osteria, ma è completamente diversa; allora c'era un ingressino con il bancone, e dietro al bancone delle botti con vino bianco e vino rosso. E basta. Niente cazzate, niente drink particolari dai nomi esotici. Vino bianco e vino rosso, venticinque lire al bicchiere. Le osterie, un tempo, erano molto più serie di adesso. L'Osteria dei Poeti chiudeva alle otto e mezza di sera, per cui andavi lì per bere un paio di bicchieri e magari mangiare un uovo sodo per tassellare il vino. Uno arrivava con un racconto e te lo accennava, tirava fuori una poesia e lo leggeva, oppure cantava una canzone accompagnandosi con la chitarra. Poi si andava a casa a mangiare ognuno per conto suo o tutti insieme in trattoria".
(Francesco Guccini, "Un altro giorno è andato").
Complimenti per l'esame! :):*
Porti sempre del buono princeps, grazie :*
Ho come l'idea che Bologna, a noi della nostra generazione, in realtà ci sia sfuggita e che possiamo godere solo del suo pallido riflesso...
Però s'intravede, s'intravede ancora
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