Google
 

13 gennaio 2008

Comunicare mondi piccoli e costruire il mondo a più mani

Di nuovo in piena fase da studi sulla comunicazione di massa mi ritrovo, per l'ennesima volta, a discutere con McLuhan, come se lui avesse voglia di discuterne con me, di forma sopra il contenuto e mezzo come messaggio.
Ma, da un anno a questa parte, lo faccio come una che si è presa la briga di fare comunicazione di massa e trasformare quello che erano annotazioni assolutamente private fra sicurezza d'inchiostro, in annotazioni pubbliche in incertezza di memoria di bit. E, davvero, ho dovuto dare ragione al buon vecchio esperto, non per nulla. Noi blogghisti, in modo particolare, facciamo del mezzo un messaggio, se è vero che per la maggior parte dei casi il blog si caratterizza come uno strumento di diffusione di ricordi e esperienze (o opinioni) personali. Dunque è il mezzo a veicolare il contenuto e sta a noi utilizzare la forma per rendere interessanti significati di per se privi d'interesse per la maggior parte delle persone che si trovano ad entrare nelle nostre pagine. E questo cammina a fianco del nostro bisogno ossessivo/compulsivo di comunicare e comunicarci. Qualcuno ha scritto che ormai identifica i miei post con i piccoli mondi di guccia, mondi di per se stessi, appunto, insignificanti, ma dove io ho trovato l'indispensabile e, con i pochi mezzi stilistici a mia disposizione e soprattutto il mezzo blog, cerco di comunicarveli. Davvero la forma veicola il contenuto? Faccio fatica ad ammetterlo, ma più il buon vecchio McLuhan ribatte più devo cedergli campo. Del resto il gioco stilistico di Bufalino ha prodotto un'opera dal pulsante cuore di carta.
Magari, con la tecnologia, possiamo recuperare quello che la tecnologia ci ha tolto. Ritrovarci di nuovo a scegliere, per mezz'ora, in un chioschetto all'ombra di un duomo, una cartolina in base alla persona a cui vogliamo spedirla, senza farci mangiare dalle migliaia di scatti di una macchina fotografica digitale. Ritrovare il gusto di scegliere un punto di vista unico sulle cose e di annusare l'odore dei ricordi svilupparsi in una camera oscura. Guardare dalla finestra, invece che nel monitor, persone svolgere sui marciapiedi il film della loro vita. Sporcarsi le dita d'inchiostro, leccare un francobollo.

E ora provo a comunicarvi un'altra storia piccola (e grande) di paese. In un paese della provincia di Parma c'è un edicolante, un edicolante che vende giornali e regala parole, sorrisi, opinioni e consigli. Gli si rivolgono per trovare compagnia in una società sempre più frenetica e spersonalizzante, per avere un'opinione sincera sulle cose, anche a costo di aspri litigi. Lui sa andare oltre la prima impressione sulle persone e ha capito subito che una signora dura, corazzata dalla povertà, ha in realtà un cuore di burro. Una signora sempre vestita di nero e col fazzoletto in testa, a nascondere agli altri i pensieri e i ricordi, la sua più grande ricchezza. Lei, colpita dalla sua gentilezza, si è fidata di lui, ha scoperto che si può fare da soli, ma insieme è meglio. Tutti i giorni l'edicolante, prima dell'alba, le porta a casa il giornale di provincia che legge, unica distrazione che riesce a permettersi con una pensione che le ruba anche il pane. L'altro giorno l'edicolante è passato di fronte alla casa che solo a ottant'anni è riuscita a comprarsi, con l'aiuto del fratello, dopo una vita a farsi tagliare la gola dall'affitto, e il giornale non era stato ritirato. Parole pesanti come macigni restavano appese al portone a segnalare una richiesta d'aiuto. Hanno sfondato la porta e vi hanno trovato la signora, che era in terra da due giorni senza riuscire ad alzarsi per i suoi problemi di mobilità. Parole scritte e parole parlate l'hanno salvata, l'ha salvata togliersi il velo e condividere il suo tesoro di esperienza con qualcuno pronto e ben felice di ascoltarla, un generoso vampiro di emozioni.
Una società che permette certi livelli di solitudine è una società persa in partenza. Il fatto che ognuno di noi ha un compito non dovrebbe avere niente a che vedere con l'economia, né con la soddisfazione personale o la carriera (vi rendete conto quanto sono inutili come concetti?), ma con la costruzione di qualcosa a più mani.

P.S.: per aggiungere confusione al disordine dei pensieri: andate a vedere Meduse. Il film che avremmo dovuto fare sulle donne. Non un capolavoro (ma servono i capolavori, poi?), un film (e qui qualcuno digrignerà i denti) onesto, con rari sprazzi di poesia e alcune concessioni mirate al cervellotico discorso da critici.

9 commenti:

Franca ha detto...

"... una società destinata a perdersi è fatale che si perda. Una persona mai."
P.P. Pasolini

Ciò che non può fare un'intera società lo può fare un'unica persona

Chit ha detto...

[...Una società che permette certi livelli di solitudine è una società persa in partenza.]

Una società così non è degna di essere chiamata tale, trattasi di agglomerato e nulla più dove spariscono le regole e vincono i muscoli.

Anonimo ha detto...

Bellissima la storia dell'edicolante.
Vuol dire che non tutto è perso?
Un caro saluto
Irlanda

guccia ha detto...

Strano, per i concorsi letterari scrivo fantasia in odore di verità, qui nel blog verità in odore di fantasia...

Carlotta ha detto...

In effetti questa storia ne ha dell'assurdo. Un po' da romanzo. La trovo preoccupante. Non so se sia colpa o meno della società, in giro per il mondo ci sono società dove la gente è lasciata ben più sola che dalle nostre parti e da ben più giovane. Ciò non toglie la moltitudine di perplessità.
Carlotta

Anonimo ha detto...

"Magari, con la tecnologia, possiamo recuperare quello che la tecnologia ci ha tolto". Tu fai questo, la storia che racconti è davvero un esempio di come potremmo recuperare un po' di umanità nei piccoli gesti, nel ritrovare un po' il gusto di scambiarci un sorriso. Scusa se nonero passata di qui prima, ma ti leggo ora con più calma. Mi ritrovo nelle tue parole e nel tuo spirito, Un abbraccio, Giulia

Robba12 ha detto...

sembra davvero splendido e devo anche ammettere di non esserci mai stato...dovrò rimediare prima o poi...

Anonimo ha detto...

Che belle cose che dici...Davvero si recuperasse un po' di buona quotidianità... Costanza

Lieve ha detto...

Anch'io spesso mi ritrovo a pensare al blog come mezzo di comunicazione, all'immagine che può dare di chi li scrive e al modo in cui veicola i messaggi e trovo che sia un discorso affascinante, come tutto ciò che riguarda la comunicazione, anche se naturalmente non ho le basi per trattare l'argomento con tata accuratezza o.0
Ciao Guccia!