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11 ottobre 2010

A Milano si compie un piccolo miracolo


Milano ci ha accolti, o meglio, Milano non ci ha accolti con la sua consueta grigitudine di sentimenti. Facce stanche anche di domenica, carestia di sorrisi e cortesia. Molti disperati nei tunnel della metropolitana. Come talpe ci siamo mossi sottoterra dal parcheggio al Piccolo Teatro. Le bambine che ci accompagnavano ci confortavano con il loro entusiasmo per ogni piccola cosa, per loro era tutto nuovo e ci ricordavano che nei nostri percorsi quotidiani non siamo più capaci di vedere quello che ci circonda e in cui possono nascondersi infinite sorprese e infiniti incontri.

Usciti dal tunnel della metropolitana abbiamo cominciato a vedere piccoli fiocchi di neve di carta, un percorso che ci ha portato, improvvisati segugi, fino alle porte del teatro milanese.
Seduti sulle rosse poltroncine si è sempre un po' in attesa che accada una magia, stavolta aspettavamo di respirare l'aria di un sogno. Quando Slava Polunin è entrato in scena, cappio al collo e sospirando forte nella sua gialla tuta da lavoro e nelle sue buffe pantofole rosse, noi siamo entrati in una bolla spazio-temporale di pura poesia e fascinazione infantile, idiozia dostoevskijana.
Un caleidoscopio di suggestioni si sono succedute lasciandoci sconvolti da tanta bellezza e da emozioni di tale struggente intensità da renderci partecipi di una realtà parallela, nella quale ci trovavamo, con una giusta dose di assurdo, pienamente coinvolti e pienamente coinvolti erano tutti i nostri sensi.
Una giusta dose di elio in una sfera illuminata con grande sapienza unita alla precisa consapevolezza di ogni movimento e di ogni espressione può materializzare un miracolo: angeli caduti che per levarsi da terra camminano sui trampoli; una storia d'amore con un vecchio cappotto; infiniti viaggi su velieri composti da nient'altro che una scopa e un letto; tempeste di sentimenti glaciali; ritorno a mondi magici d'infanzia che altro non sono che la sapiente capacità di mescolare ciò che di più affasciante il nostro meraviglioso pianeta ci offre; sketch della migliore tradizione mimo-clowneristica alla Marceu, alla Charlot; crudeltà e generosità gratuite, sogni e incubi; enormi tele di ragno ad avvolgerci come preoccupazioni da rimuovere insieme.
Fragilità, abnormità, malinconia, musica e silenzio, nostalgia, magia e poesia, bellezza, dolcezza e crudeltà, vita e silenzio, morte e parola in una domenica a teatro.

6 commenti:

elenamaria ha detto...

I miracoli li fanno certi cuori grandi e certe teste belle. Chè poi son miracoli essi stessi, visti i tempi che viviamo.
Grazie Sara!

giorgio ha detto...

Ti ho messo un commento al post del 21agosto su Matera. Mi piacerebbe che non ti sfuggisse.
Giorgio

guccia ha detto...

Ciao Giorgio, non mi era sfuggito e ti ringrazio, è di una bellezza commovente. Potrei utilizzare molte parole per risponderti e probabilmente approfitterei dell'esperienza maturata a fronte dei laboratori didattici e delle visite guidate per ragazzi delle elementari condotti in un museo etnografico meraviglioso. Ma ci terrei di più ad invitare te e tuo figlio a visitarlo. Si trova vicino Parma e si chiama Museo Ettore Guatelli. All'interno di quel casolare, come succede anche nel Museo-laboratorio della civiltà contadina di Matera e in pochi altri posti come quelli, ci si accorge che le cose usurate parlano. Parlano perché contengono storie vere, sono stratificate di senso. I bambini lo sentono, molti di loro mi hanno spiegato con estrema semplicità cose maturate in forma di pensiero al primo impatto e che io ho dovuto faticosamente raggiungere a seguito di anni di studio ed esperienza.
Dovremmo aiutarli a portare questa ricchezza intatta anche nel loro mondo futuro di adulti, per me è la chiave per cambiare veramente il mondo. Io voglio credere che Matera sia l'esempio di un genocidio culturale perpetrato dalla società capitalista ma non riuscito fino in fondo. Tramite la riappropriazione del ricordo (e delle case) mi fa sperare che molto si possa fare ancora.

giorgio ha detto...

Grazie mille per la segnalazione del museo di Parma che non conoscevo anche a nome di Carlo.
Da Modena non è lontano e sicuramente ci andremo.
Giorgio

guccia ha detto...

Fammelo sapere quando passate, così magari lo visitiamo insieme. Ti abbraccio!

Carlo ha detto...

All'inizio non capivo perché avessi usato un brutto neologismo come 'grigitudine' per dare un'idea del tuo modo di vedere Milano. Con un po' di riflessione ho capito che la tua Milano è talmente indifferente (anch'io la vedo così, ma forse è un torto che le facciamo per la poca frequentazione) da non meritarsi neppure una tinta di grigiore.
Ciao Sara :)
Carlo