Sarà la nebbia?
Sarà la pioggerellina?
Ho ripreso in mano la mia abominevole-cosa-di-ormai-63-pagine che se ci penso bene non ha capo e non ha piedi (ma in fondo persino il Cristo morto del Mantegna ha piedini tanto piccoli...).
L'unica cosa che la tiene insieme (e buttiamo pure tutte le teorie di costruzione della storia) è lo sviluppo psicologico dei personaggi... o lo sviluppo della malattia psicologica dei personaggi.
E' una storia triste e psicologica (sennò non ripetevo "psicologica" tre volte in due righe e mezzo), se non fosse psicologica (e complessata) non adorerei Dostoevskij e neppure "La coscienza di Zeno". Anzi non è nemmeno una storia nel senso canonico del termine, forse è un'autobiografia a due senza che i due sappiano di star scrivendo un'autobiografia... non so cos'è. Resta il fatto che, da due anni a questa parte, ci sono sopra e lascio succhiare tutte le mie risorse a questo figlio... che forse non amo più. Ma si uccide un figlio che non si ama? E' possibile non amare un figlio?
Di racconti brevi, comunque, da un pò di tempo neanche l'ombra... mangia tutto lui, è un cuculo che butta i "fratelli" giù dal nido.
Non so, l'unica cosa certa, in questo momento, è che fuori c'è nebbia e che, anche se forse non c'entra niente, sto pensando alla polenta che mi facevano i miei nonni, su quella bella spianata di legno, con tanta salciccia e tanto parmigiano. Quella polenta appena macinata, che mio nonno, dopo essersi messo il cappello, andava a prendere al mulino e che, a contatto con l'acqua, cominciava a gonfiarsi, fino a riempire la pentola. Poi andava a sdraiarsi sulla tavola e io, con la forchetta, facevo un segno su quella cosa giallina morbida ma compatta. E, ovviamente, non riuscivo mai a finire tutta la polenta che mi ero "prenotata".
17 novembre 2006
Tra figli non amati e polenta amatissima
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