Alla fine ci sono caduta. Dove? Nella dissertazione analitica da quattro soldi e logorroica. Abbiate pazienza.
Visto ieri sera al cinema "il vento che accarezza l'erba" di Loach e mi è venuta una voglia istintiva di parlarne, di sentirne parlare, di consigliare di vederlo. Anche se, da quel che ho capito, il titolo italiano avrebbe dovuto essere "il vento che accarezza l'orzo" da una canzone della resistenza irlandese. Ma forse i produttori temevano che avremmo associato l'immagine alla confezione dell'orzobimbo o magari di lanciare un messaggio a favore dell'acolismo (In Italia TUTTO è possibile).
Sono uscita dal cinema con nuova carica. C'è chi crede che il cinema in quanto arte non debba essere politico, io non credo. L'arte è comunque funzionale ad un discorso sulla società, ad un'evoluzione del pensiero e il pensiero politico in senso vasto è sicuramente centrale. Il medium cinema, che è nato come mera registrazione della realtà (sebbene con l'handicap del muto e del B/N che, comunque, stando ad Arnheim era la sua sola possibilità di essere poetico, perché era la sua caratteristica) si è evoluto e ha raggiunto un grande livello comunicativo, vari livelli comunicativi. Al primo livello questo è un film politico, a livelli più profondi è un film poetico e psicologico quindi non perde nulla solo perché ha scelto un argomento storico, non lascia a casa l'arte. Il cinema, con la forza della simbologia, poetizza la realtà e la scava. Il tema che tratta è un problema aperto di cui è bene parlare. E' bene non dimenticare l'Irlanda, è bene fare facili associazioni con l'Iraq, seppure siano due situazioni innegabilmente diverse (ma anche simili sotto certi e solo certi aspetti o forse molto in fondo).
Al giorno d'oggi se parli con qualcuno, cercando comunque di moderarti, e arrivi a dire che il terrorismo potrebbe non essere condivisibile ma sicuramente comprensibile, ti guardano come se fossi un pazzo, un morto che cammina, un perdente. E, su questo argomento, mi conviene non approfondire il discorso.
Loach ha il merito di risalire ai motivi del terrorista nel modo più quotidiano possibile: con la partita iniziale che viene vietata. Gli uomini non possono più incontrarsi per giocare, non possono più mandare a quel paese l'arbitro, le regole. Qui nasce il vero conflitto, non è un caso che il film cominci proprio con quella scena. Ci leggo anche un rifiuto del martirio gratuito che si collega alla critica su certo clero (ma perché non una critica sul clero intero? La vecchia storia del buon prete di provincia comincia ad essere retorica): il primo ragazzo che muore, muore stupidamente, sarebbe stato meglio che avesse detto il suo nome e poi avesse combattuto a fianco degli altri. Non è un eroe, è un martire, differenza sostanziale. Quando i dissidenti sono riuniti e devono decidere se ratificare il trattato fantoccio con l'Inghilterra, c'è sempre qualcuno che, quasi sottovoce, deve ricordare di mettere anche quel nome nella lista degli eroi. In questi fatti, comunque, la religione non c'entra, come non c'entra in Iraq dove è solo un pretesto che tiene uniti, visto che gli altri motivi per essere uniti (da una parte e dall'altra) non sono abbastanza forti per giustificare lo scontro a livello di povera gente, di gente comune. I motivi veri sono economici e razzisti da una parte, di sopravvivenza e libertà dall'altra. In Irlanda, in più, era ancora vivo un sentimento di amore patrio (che non si limitava al colore della bandiera, ma andava oltre... per esempio arrivava al suono delle parole), che ormai nel mondo occidentale non esiste più o è stato strumentalizzato dalle destre.
Il film finisce nell'unico modo possibile: non finire perché in Irlanda il problema non é mai finito, come non è mai finito in Palestina (per esempio). Nel film, comunque, trovo un sano invito a risalire alle origini delle cose prima di giudicare un atto, seppure estremo. Prima di giudicare "il male" cercate di vedere chi è la causa, l'origine, il motivo di quel "male" e soprattutto se ha fatto del "male" per primo. Nel finale è reso in immagini il concetto astratto di coerenza, il rispetto che deve esserci fra nemici (seppure amici), il senso del dovere a cui ci si deve affidare per non lasciarsi dominare dai sentimenti, per non tradire il sentimento più grande, il risultato che si vuole ottenere. Ho storto la bocca solo davanti al bambino denutrito, soluzione facile e di cui non sentivo il bisogno per giustificare gli atti del protagonista che così vengono banalizzati, portati su un livello di populismo di bassa lega. Inoltre, anche se l'inquadratura della donna che cammina fra l'erba è bellissima e rimanda a tanta iconografia artistica della madonna, il tutto si inserisce malamente nella storia, è chiaramente una forzatura. Mi si sono storte le budella davanti alla scena della tortura lasciata nascosta da un parziale impallamento della macchina visto che la forza dell'immaginazione è più potente della realtà. Quella tortura è inoltre funzionale alla svolta di quel personaggio.
E' sconvolgentemente ovvio che sia esistita e continui ad esistere l'IRA (acronimo che in italiano è addirittura perfetto visto che acquisisce un ulteriore e coerente significato) e non è così facile giudicare i terroristi nè sentirci vaccinati dall'odio, anche se tifiamo perché il dottore non spari nel cuore del ragazzo, ma si lasci vincere dall'affetto e dalla pietà. Ma nel film si combatte pur sempre una guerra, la guerra non conosce i sentimenti, nella guerra i sentimento è debolezza e la debolezza é morte, é sparare quando ormai ti hanno ucciso (Piero sparagli ora e dopo un colpo sparagli ancora).
Per dare il contentino a chi è contro la politica al cinema: nonostante la palma d'oro che si è attaccato sulla giacca (Moretti, anche se il suo film era politico, non l'avrei fatto neanche partecipare, Autore o non Autore) forse non è un capolavoro nel senso cinematografico del termine (qual'è poi quel senso chi lo sa di preciso), non verrà citato fra i dieci film più belli della storia del cinema, non è un esemplare unico (bloody sunday - che però non arrivava all'origine anche se la lasciava fra le righe molto ben visibile-) ma andava fatto, sono felice che sia stato fatto e soprattutto va visto.
Dopo il film una grigliata con verdure anche loro grigliate e chianti, tanto per non scordarmi di essere una piccola borghesuccia e, per darmi un tono, ovviamente l'argomento principale di discussione è stato il film. Serata, comunque, molto dolce, molto stimolante. Ma, soprattutto, ancora una volta felice di essere andata al cinema... Non è affatto banale.
04 dicembre 2006
Qualcuno si chiede i motivi del terrorismo? Il vento che accarezza l'erba.
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2 commenti:
Bè, me l'aveva consigliato un ometto buffo col parrucchino all'uscita del Capitol, dopo "Il labirinto del fauno".
Non so perchè ma adesso sono più persuasa!
Riguardo ai titoli e ai cereali: "The Catcher in the Rye", ovvero "L'acchiappatore nella segale" è diventato "Il Giovane Holden", percui....
... il collegamento era arrivato come un fulmine anche a me... ci si potrebbe scrivere un trattato sui cereali censurati dai traduttori di titoli :D
Non so se puoi fidarti di me più che dell'omino buffo... altro collegameto fulmineo... l'omino bufo che compariva nei fumetti di cattivik... mitico (oggi lo censurerebbero)! Non c'è limite al volo pindarico.
Comunque il film vale la pena, pur non essendo un capolavoro. :*
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